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Giorni superamento limite PM10 da inizio anno: 2

Valore maggiore rilevato per le PM10: 63 μg/m3 (limite 50) il 14 marzo

Giorni superamento limite ozono da inizio anno: 66

Valore maggiore rilevato per l'ozono: 264 μg/m3 (limite 120) il 9 maggio

Numero di giorni in cui si sono superati sia il limite per l'ozono che per le PM10:0

 Ecosportello

L’Ecosportello risponde alle vostre domande su temi quali: mobilità sostenibile, ecoprodotti, ecolabel e certificazioni ambientali, agenda 21 ed altre questioni legate allo sviluppo sostenibile.


Nome argomento: Alimentazione

Alimentazione
Secondo l’ultimo rapporto della FAO Lo stato mondiale della pesca e dell’acquacoltura, presentato in apertura della 28° riunione della Commissione pesca e acquicoltura della FAO (COFI), l’acquacoltura produce la metà del pesce che finisce sulle nostre tavole, mentre nel 2002 era meno di un terzo. A fianco di questi dati, il rapporto denuncia che la pesca in mare è oltre la sua resa massima e che continua a crescere inesorabilmente il sovrasfruttamento delle risorse ittiche. La percentuale di cattura a livello mondiale è quadruplicata rispetto agli anni Cinquanta. Il 90% di specie come il tonno rosso, il pesce spada e altre minacciate d’estinzione è scomparso a causa dello sovrasfruttamento. La cattura dei pesci di cui si nutrono i predatori è destinata all’alimentazione umana e un terzo viene utilizzato per produrre oli e farine per l’acquacoltura del salmone e del tonno. Il resto è impiegato per il bestiame e per la produzione di prodotti farmaceutici.
Rimane ancora un mistero se l’incremento dell’acquacoltura possa avere un effetto diretto sull’eccessivo sfruttamento delle catture in mare aperto. Certo è che per allevare i pesci spesso si ricorre a mangimi ricavati dalla cattura in mare aperto di pesci di piccola taglia come le sardine, una delle specie più cacciate, come denuncia un rapporto parallelo redatto da Oceana, la più grande organizzazione internazionale per la salvaguardia degli oceani. Secondo l’organizzazione la pesca eccessiva di acciughe e sgombri ha lasciato senza cibo i predatori naturali come delfini e tonni. Lo sfruttamento di queste specie ittiche è cresciuto nell’ultimo secolo danneggiando la catena alimentare naturale e gli ecosistemi marini.
Inoltre, la forte competizione tra le industrie della pesca sta provocando un enorme spreco di energia: troppi pescherecci in mare si traducono in pochi pesci pescati per ogni litro di benzina consumato. Inoltre vengono acquistate imbarcazioni più potenti, ma più inquinanti e con motori meno efficienti.

Fonte: Modus Vivendi, n°4, aprile 2009.
Stampa la notizia: Metà del pesce che mangiamo è di allevamento

Alimentazione
Il vino realizzato con metodi biologici fa bene alla salute di chi lo beve e aiuta l’ambiente, perché inquina la metà di quello prodotto con i metodi classici. Lo rivela uno studio dell’Università di Siena pubblicato sulla rivista Agriculture, Ecosystems and Environment. L’analisi è stata condotta su due aziende produttrici di Sangiovese in Toscana, una biologica e l’altra standard. Il vino biologico, prodotto da vitigni coltivati con fertilizzanti naturali, ha un impatto ambientale dimezzato. L’impronta ecologica per produrre il Sangiovese biologico è risultata di 7,17 metri quadrati contro un’impronta doppia (13,99 metri quadrati) per quello classico. L’impronta ecologica è una misura che consente di conoscere l’incidenza di una certa attività produttiva umana sull’ambiente circostante. Ma se dal vino si estende il ragionamento a tutta l’agricoltura biologica, il risultato non cambia: un campo coltivato ad agricoltura biologica trattiene infatti fino a sei volte la quantità di carbonio per ettaro all’anno in più rispetto ai campi convenzionali. Dal punto di vista del bilancio energetico, un campo “bio” fa risparmiare il 48,7% del consumo. Discorso analogo per le emissioni di CO2 equivalente.

Fonte: Valori, Anno 9 Numero 66, febbraio 2009
Stampa la notizia: I vini biologici dimezzano l’impronta ecologica

Alimentazione
Il 40% del mais biologico spagnolo analizzato è risultato contaminato da transgenici con percentuali tra lo 0,23 e l’1,9%. Queste percentuali ne impediscono la vendita come biologico, dimostrando ancora una volta l’impossibilità della coesistenza fra i prodotti tradizionali e quelli GM. Per chi coltiva varietà tradizoinali di mais, adeguate alle zone di produzione, la contaminazione è un’attentato alla biodiversità e causa la scomparsa delle poche varietà ancora in possesso degli agricoltori e non delle multinazionali.

Fonte: “Modus vivendi”, Anno XVI, Numero 2 (febbraio 2006)
Stampa la notizia: Spagna: OGM nel mais bio

Alimentazione
L’Unione Europea vuole bloccare il glutine di mais e la granella per mangimi USA, a meno che non siano provvisti di un certificato che escluda la presenza di BT10, un tipo di mais geneticamente modificato. La decisione segue la scoperta che negli ultimi quattro anni il BT10 entrava illegalmente in Europa. La decisione è dettata dal fatto che la ditta produttrice, la Syngenta, non è in grado di fornire il metodo per rintracciare questo OGM e gli esportatori americani non sono in grado di garantire la separazione tra semi geneticamente modificati e quelli non modificati. La mancanza di controlli efficaci espone l’Europa ad un alto rischio d’importazioni illegali di OGM.

Tratto da Modus Vivendi n°6 anno XV, giugno 2005
Stampa la notizia: Europa. Limitata l’importazione di mais

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