Valore maggiore rilevato per le PM10: 63 μg/m3 (limite 50) il 14 marzo
Giorni superamento limite ozono da inizio anno: 66
Valore maggiore rilevato per l'ozono: 264 μg/m3 (limite 120) il 9 maggio
Numero di giorni in cui si sono superati sia il limite per l'ozono che per le PM10:0
Ecosportello
L’Ecosportello risponde alle vostre domande su temi quali: mobilità sostenibile, ecoprodotti, ecolabel e certificazioni ambientali, agenda 21 ed altre questioni legate allo sviluppo sostenibile.
Le emissioni mondiali di biossido di carbonio (CO2) causate dalla combustione delle energie fossili ono aumentate del 2% nel 2008. Rispetto alla media degli anni precedenti (+ 3,6%), il minor incremento denota un piccolo impatto dovuto alla crisi economica. Considerando l’evoluzione del PIL mondiale, il Global Carbon Project prevede una riduzione delle emissioni per il 2009.
Il Global Carbon Project è un consorzio composto da una ventina di laboratori di ricerca distribuiti sui 5 continenti che analizza ogni anno l’evoluzione delle emissioni di CO2. Se non verrà intrapreso alcun provvedimento, si attende però un nuovo incremento delle emissioni per il 2010. Rispetto al 1990, anno di riferimento per il Protocollo di Kyoto, le emissioni di CO2 sono aumentate del 41%.
Una delle cause principali è la crescita economica avvenuta in India e Cina, paesi molto dipendenti dal carbone. Questi due potenze non sono però le uniche responsabili di questa situazione. I ricercatori del Global Carbon Project stimano che un quarto dell’esplosione delle emissioni sia dovuto alle esportazioni.
Fonte : La Revue Durable N°36, dicembre 2009, gennaio 2010
I dati contenuti nel rapporto che il Forum umanitario globale ha pubblicato a Londra a fine maggio 2009 sono estremamente eloquenti. Il cambiamento climatico provoca già oggi più di 300'000 morti all’anno, colpisce pesantemente 300 milioni di persone e causa 20 milioni di rifugiati. Le perdite economiche si situano attorno ai 100 miliardi di dollari all’anno.
“Questo rapporto documenta la più grande crisi silenziosa della storia dell’umanità” ha dichiarato Kofi Annan, presidente del Forum. “I grandi inquinatori hanno una responsabilità maggiore nel proteggere le popolazioni più povere da un problema del quale non sono responsabili. La loro silenziosa sofferenza deve servire da segnale d’allarme in vista di sofferenze ancora più grandi previste nel caso in cui si rinunci ad affrontare assieme al cambiamento climatico” aggiunge Rajendra K. Pachauri, presidente del Gruppo di esperti intergovernativi sui cambiamenti del climatici (Intergovernmental Panel on Climate Change - IPCC).
Il rapporto valuta le conseguenze umane e finanziarie degli effetti del cambiamento climatico nei prossimi 20 anni nel caso in cui non si prendano delle contromisure: 500'000 morti all’anno, 650 milioni di persone colpite pesantemente, 75 milioni di rifugiati climatici e perdite economiche per 300 miliardi di dollari. “ Non vi devono essere fazioni nella lotta contro i cambiamenti climatici. Esorto tutti quanti ad unirsi in favore di una giustizia climatica e a fare in modo che i governanti dei vari Stati firmino a Copenhagen un accordo equo, globale e stringente”, ha concluso Kofi Annan.
Rapporto: Human Impact Report. The aAnatomy of a Silent Crisis. Global Humanitarian Forum, Ginevra, 2009. Sito internet: www.ghf-ge.org
Fonte: La Revue durable, n° 34, giugno-luglio-agosto 2009
Lo scorso mese di gennaio, il parlamento giurassiano ha votato il divieto dei sacchetti di plastica monouso. Principale argomento dei difensori della mozione? I sacchi in polietilene contengono molta energia grigia, producono CO2 durante la fase di eliminazione e in media non vengono usati per più di 25 minuti prima di essere gettati. La loro scomparsa non avverrà tuttavia nel breve periodo. Il governo ha infatti tempo fino al 2011 per presentare una legge d’attuazione.
Il permafrost nella Svezia del nord potrebbe scomparire completamente entro 50 anni a causa di estati più calde e di precipitazioni più abbondanti in inverno. È quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Lund in Svezia, che monitorano da diversi anni la zona di Abisso sulla quale, tra il 1997 e il 2007, sono caduti 362 millimetri di pioggia all’anno, il 20% in più rispetto alla media delle precipitazioni degli anni 1961 e 1990. Più pioggia e più neve fusa alimentano le falde sotterranee che riscaldano il permafrost, il quale, sciogliendosi, aumenta le emissioni di metano dell’atmosfera e, di conseguenza, l’effetto serra.
I ghiacciai della Groenlandia sono fragili: una rete di tunnel interni ne sta provocando infatti uno scioglimento più rapido del previsto.
È ciò che ha scoperto Konrad Steffen, direttore dell’Istitute for Research in Environmental Sciences (CIRES) dell’Università del Colorado, il quale ha presentato i risultati al Congresso internazionale sui cambiamenti climatici Climate Change: Global Risks, Challenger and Decisions che si è tenuto il mese scorso a Copenhaen.
Lo scienziato, che ha lavorato insieme agli esperti della NASA, si è servito di una telecamera che gli ha permesso di indagare la struttura dei ghiacci a 100 metri di profondità e ha scoperto che una serie di canali che trasportano acqua attraverso la massa di ghiaccio ne sta provocando il rapido scioglimento. Secondo l’esperto, questo fenomeno contribuirà a far incrementare il livello del mare di un metro entro il 2100.
Distruzione di case e negozi, industrie e campi coltivati. Per non parlare dei morti e dei feriti. Per le compagnie assicurative i cambiamenti climatici possono costare molto caro. E quello appena finito è stato un anno nero per le catastrofi naturali, con il terremoto nella provincia cinese di Sichuan e un gran numero di cicloni tropicali. Se ne è accorta la tedesca Munich Re, una delle più grandi compagnie di assicurazioni al mondo che, nel suo rapporto annuale riferito al 2008, presenta dati allarmanti: 220 mila morti e danni che ammontano complessivamente a 200 miliardi di dollari. “Il 2008 è stato uno degli anni che ci sono costati di più in termini di risarcimenti. Lo possiamo collocare al terzo posto dopo il 2005, l’anno dell’uragano Kathrina a New Orleans, e il 1995, quando ci fu il terremoto a Kobe, in Giappone”, spiega una nota della compagnia. L’aumento delle catastrofi naturali, secondo gli esperti, è da ricondurre ai cambiamenti climatici. Per questo Munich Re ha lanciato una campagna di lobbying per indurre i governi a dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2050.
Durante i negoziati delle Nazioni Unite sul clima a Poznan, le 142 ONG che militano per la giustizia climatica si sono opposte a che la Banca mondiale intervenga nella gestione dei Fondi clima internazionali. Il motivo è che molte organizzazioni, tra le quali gli Amici della Terra degli Stati Uniti, calcolano che la Banca mondiale abbia aumentato, tra il 2007 e il 2008, il suo sostegno finanziario al carbone del 256%. Questo aumento stupefacente scredita completamente la banca sul tema clima.
Nello stesso periodo di tempo, i suoi prestiti per le energie rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico) sono passati da 421 a 476 milioni di dollari, pari ad un incremento del 13%. La maggioranza dei suoi progetti “puliti” riguardano le grandi dighe che sono messe in discussione per le loro conseguenze ecologiche e sociali. .
Fonte: LaRevueDurable numero 32, gennaio –febbraio 2009
Il Parlamento europeo ha adottato il 17 dicembre 2008 il “pacchetto energia – clima”. Le sue sei direttive pongono l’Unione europea con le carte in regola per negoziare l’accordo che succederà al protocollo di Kyoto e che verrà siglato a Copenhagen nel dicembre 2009.
I deputati hanno approvato l’obiettivo denominato “tre volte venti” da realizzarsi entro il 2020. Questo comprende:
• La riduzione delle emissioni dei gas serra di almeno il 20% rispetto ai livelli del 1990. Obiettivo che sarà portato al 30% si tutti i paesi industrializzati si impegneranno a raggiungere gli obiettivi di riduzione.
• La riduzione del 20% del consumo d’energia grazie al miglioramento dell’efficienza energetica.
• L’incremento del 20% delle energie rinnovabili (al posto dell’8,5% attuale).
Lo sforzo per ridurre del 20% le emissioni dei gas serra viene ripartito su due settori: quello industriale (40% delle emissioni) e “il resto”. Rispetto al 2005, rappresentano delle riduzioni rispettivamente del 21 e del 10%.
Il mercato delle quote d’emissioni regolerà il settore industriale. Attualmente, le 10'000 imprese che vi partecipano ricevono le diverse quote gratuitamente. Queste devono acquistare dei permessi d’emissione solamente se superano le quote a loro assegnate. Dal 2013, le cose cambieranno per le centrali elettriche presenti nei paesi UE-15, esse infatti dovranno acquistare il 100% delle loro quote. Le centrali degli ultimi dodici paesi entrati nell’UE hanno invece ottenuto la gratuità del 70% delle quote loro assegnate fino al 2020.
Inizialmente, era previsto che anche le altre industrie acquistassero il 20% delle quote loro assegnate a partire del 2013. La pressione di Germania, Italia e Polonia ha portato ad autorizzare i settori a rischio di delocalizzazione verso paesi dove la politica climatica è meno severa, cioè il 96% dei settori industriali, a continuare a beneficiare del 100% della gratuità nell’assegnazione delle quote.
Il testo votato prevede che 300 milioni di diritti di emissioni del sistema di scambio delle quote, cioè tra i 9 e i 15 miliardi di euro, siano destinati a costruire e gestire dei progetti pilota: dodici per la cattura e il sequestro della CO2 e gli altri per lo sviluppo, all’interno dell’UE, delle energie rinnovabili con l’impiego di nuove tecnologie.
Nel settore non industriale, ognuno dei 27 paesi, ha un obiettivo nazionale da raggiungere (dati rispetto al 1990): Gran Bretagna -16%, Belgio – 15%, Francia e Germania - 14%. In ogni caso, le riduzione delle emissioni dei due settori possono essere realizzate all’esterno della UE per una percentuale pari a tre quarti.
Fonte: LaRevueDurable numero 32, gennaio –febbraio 2009
Il restringimento vertiginoso della banchisa che ha sorpreso durante l’estate del 2007 gli scienziati, è stato confermato anche nell’estate del 2008. All’improvviso, i modelli che prevedevano nel 2070 lo scioglimento totale dei ghiacci artici nel periodo estivo non sono più attuali. Gli studi di Wieslaw Maslowski, dell’Università Navale di Monterey, in California, prevedono ora un Artico libero dal ghiaccio tra la metà luglio e la metà settembre …2013.
Fonte: LaRevueDurable, Numero 31 (ottobre, novembre 2008)
Il giornale The Guardian ha avuto accesso ad un rapporto delle Nazioni Unite che rivela che la flotta mercantile mondiale è responsabile del 4,5% delle emissioni mondiali di CO2. Questo dato corrisponde ad un valore triplo rispetto a quello che si pensava e al doppio delle emissioni causate dal traffico aereo. Per questo settore sarà ora difficile continuare a sfuggire al Protocollo di Kyoto e agli obbiettivi della politica europea sul clima. A discolpa della navigazione bisogna però dire che l’80% del commercio internazionale avviene via mare.
Per fronteggiare l’innalzamento delle temperature medie tra i tre e i sei gradi previsto per i prossimi decenni, le regioni alpine hanno deciso di creare una banca dati comunitaria che raccolga tutte le informazioni necessarie a conoscere e monitorare gli effetti del riscaldamento atmosferico. Il progetto fa parte del programma di cooperazione transnazionale CLIMCHALP (Climate Change, impacts and adaptation strategies in the Alpine space), al quale partecipano Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Slovenia e Svizzera. L’obiettivo principale è quello di individuare delle strategie utili a prevenire il rischio associato agli impatti dei cambiamenti climatici nell’area alpina e creare possibili misure di adattamento o mitigazione.
Fonte: “Modus vivendi”, Anno XVIII, Numero5 (maggio 2008)
Per il clima e l’ambiente è meglio uno scooter elettrico che un auto a benzina. Ciò è stato confermato in uno studio realizzato dall’Empa su mandato dell’Ufficio federale dell’energia (UFE). Sulla stessa distanza, uno scooter la cui batteria è caricata con il mix di corrente elettrica standard presente in Svizzera produce all’incirca 17 volte meno gas ad effetto serra rispetto ad un’auto da turismo. Nel calcolo si è tenuto conto dell’intero ciclo di vita dei due mezzi di trasporto. Inoltre, il consumo di energia degli scooter resta modesto: se tutti i pendolari motorizzati della città di Zurigo utilizzassero questo tipo di due ruote, si consumerebbe solo lo 0,13% della produzione svizzera d’elettricità.
Tratto da: Environnement (Rivista dell’UFAFP) N°3/2008
A pochi giorni dalla sua nomina, il nuovo premier australiano, Kevin Rudd, in occasione dell’apertura della Conferenza dell’ONU sul clima tenutasi a Bali lo scorso dicembre, ha firmato il protocollo di Kyoto dal quale il paese, nei primi mesi del 2001, si era dissociato. Il protocollo rappresenta un’importante sfide per l’Australia che, ad oggi, registra tra i più alti tassi di emissione di gas serra pro capite.
Tratto da: Modus vivendi n°1, anno XVIII (gennaio 2008)
Il 44% delle specie di uccelli acquatici del mondo è seriamente in declino a causa del riscaldamento globale e della distruzione incontrollata degli habitat. La notizia, apparsa sulle pagine dell’Indipendent, è il risultato di uno studio condotto dai ricercatori della Wetlands International, una coalizione di conservazionisti dei Paesi Bassi che ha il compito di monitorare lo stato delle zone umide nei cinque continenti. In Africa, in Asia centrale e, più recentemente, in Australia, dove in alcune aree la pioggia non cade da più di tre anni, la siccità ha ridotto drasticamente le zone umide. Il continente più colpito è l’Asia, dove il risanamento delle paludi e la distruzione delle foreste di mangrovie hanno ridotto di due terzi la popolazione di uccelli acquatici.
Il riscaldamento del pianeta minaccia direttamente la sopravvivenza di alcune specie di pesci. Un gruppo di scienziati tedeschi, infatti, studiando un pesce, lo Zoarces viviparus, sono riusciti a stabilire per la prima volta un legame diretto tra l’aumento delle temperature, che incide sul consumo d’ossigeno della specie, e la sua sopravvivenza. Sono infatti evidenziati un rallentamento della crescita e un tasso di mortalità maggiore in caso di temperature dell’acqua superiori a 17 gradi. Dai 21 gradi in su – affermano i ricercatori – i pesci non sopravvivono a lungo. Negli ultimi 40 anni, la temperatura del Mare del Nord, come conseguenza indiretta dell’effetto serra, è aumentata di 2,4 gradi.
Il Ministro dell’ambiente Sigmar Gabriel, ha presentato un piano d’azione per ridurre entro il 2020 le emissioni di gas serra della Germania del 40%, il doppio rispetto alla percentuale fissata dall’UE, che prevede di ridurre le emissioni di 270 M/t di CO2. Il piano è strutturato in otto punti: modernizzazione delle centrali (30 M/t CO2); raddoppio della cogenerazione (20M/t); aumento della generazione elettrica da rinnovabili al 27% (55M/t); riduzione dei consumi elettrici dell’11% (40 M/t); miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici (41 M/t); più rinnovabili, calore e riscaldamento (14 M/t); aumento dell’efficienza nei trasporti (30 M/t); riduzione di gas climalteranti come metano e gas fluorinati (40 M/t). Il tutto abbandonando il nucleare, come da programma di governo, e con investimenti di tre miliardi di euro a partire dal 2008. Per evitare di pagare un conto per danni climatici che il governo ha stimato in 137 milioni di euro da qui al 2050.
Tratto da:La Nuova Ecologia n°6, Anno XXVII, giugno 2007
Lo ha annunciato lo scorso 19 aprile il primo ministro Jens Stoltenberg: entro il 2050 la Norvegia eliminerà tutte le emissioni di gas serra. Gli obiettivi annunciati dal premier scandinavo vanno ben oltre quelli del protocollo di Kyoto: riduzione delle emissioni del 10% entro il 2008, anziché dell’1% imposto dall’accordo, e del 30% entro il 2020 invece del 20 % stabilito dall’Unione Europea. Terzo esportatore mondiale di petrolio e gas, la Norvegia si impegnerà a sviluppare l’energia eolica e solare, ma, per raggiungere gli obiettivi fissati, le emissioni nazionali dovranno essere compensate con l’acquisto di certificati verdi sui mercati internazionali (ad esempio, come la Norvegia fa già, finanziando progetti per il passaggio ad energie alternative in Cina ed India). Da qui le critiche di Greenpeace, che vorrebbe un maggiore impegno nella reale riduzione dei gas serra nel paese e minor ricorso al mercato internazionale delle emissioni.
Tratto da Modus Vivendi n°6 anno XVII, giugno 2007
È stata pubblicata la prima mappa animata della distribuzione globale dei gas serra, curata da due ricercatori dell’Università di Brema (Germania) sulla base dei dati raccolti tra il 2003 e il 2005 dal satellite Envisat dell’Agenzia spaziale europea. Un monitoraggio costante dei gas serra è fondamentale per verificare in tempo utile gli effetti delle politiche di riduzione delle emissioni adottate a livello globale. Secondo i ricercatori, confrontando i dati prodotti dai modelli informatici con le osservazioni da satellite si potranno perfezionare le attuali proiezioni per il calcolo delle emissioni e le previsioni dei cambiamenti climatici.
Fonte: Modus Vivendi , anno XVII, n°5, maggio 2007
Dodici Stati federali ed alcune città, capitanate da New York, avevano intentato una causa contro l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente (EPA) ed il governo federale per obbligarlo ad introdurre tetti massimi di emissione per i veicoli a motore immatricolati negli Stati Uniti.
In particolare i ricorrenti chiedevano alla Suprema Corte se l'EPA abbia o meno l'autorità di regolare le emissioni che incidono sui cambiamenti climatici, nonché una pronuncia sulla posizione dell'Agenzia che considerava addirittura "non inquinante" il diossido di carbonio.
Il procedimento era giunto alla Corte Suprema, dopo che la Corte di Washington aveva stabilito che il governo federale non è tenuto a regolamentare le emissioni dei veicoli a motore.
Questa settimana la Corte Suprema ha emesso il suo verdetto, dando ragione ai ricorrenti, e torto all'EPA ed al governo americano. La Corte ha deliberato che l'EPA è obbligata a stabilire tetti massimi di emissione per automobili e camion. Il verdetto era tutt'altro che scontato e costituisce una vittoria storica per tutti coloro che nel mondo ritengono prioritario l'impegno per la riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra.
Si rischiano delle gravissime carestie a causa dei cambiamenti climatici: la denuncia arriva dal Consultative Group on International Agricultural Research, una rete mondiale di centri di ricerca per l’agricoltura. La nuova distribuzione delle piogge rappresenta il rischio principale e l’aumento delle temperature, rallentando il processo di fotosintesi, limita la crescita e la riproduzione delle piante. Per fronteggiare il rischio di nuove carestie la ricerca sta sperimentando varietà che sopravvivano in condizioni avverse; ad esempio nelle Filippine hanno sviluppato una varietà di riso che resiste a settimane di piogge, mentre altri ricercatori stanno lavorando alla realizzazione di varietà di sorgo capaci di crescere anche in condizioni di estrema siccità.
Fonte: “Modus vivendi”, Anno XVII, Numero 2 (febbraio 2007)
Unione Europea. Anche i voli nelle quote Kyoto
La commissione europea ha proposto un provvedimento per includere il trasporto aereo civile nel sistema di scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra denominato ETS (Emission Trading Scheme). La nuova direttiva dovrebbe entrare in vigore dal 2011 per i voli che vengono effettuati all’interno dell’Unione e nel 2012 per tutti i voli da e per gli aeroporti dell’Unione stessa. L’ICAO, l’organizzazione internazionale dell’aviazione civile, ha già dato il suo via libera alla proposta.
Fonte: “Modus vivendi”, Anno XVII, Numero 2 (febbraio 2007)
Sharp diventerà entro il 2010 una società a impatto climatico nullo, vale a dire “Zero Global Impact Warming Impact Company”. Per ottenere questo obiettivo, l’azienda giapponese limiterà le quantità di emissioni clima alteranti delle proprie attività industriali nel mondo, aumenterà la produzione di energia pulita generata dalle celle fotovoltaiche di sua produzione e limiterà il consumo di energia con l’ausilio di tecnologie innovative di risparmio energetico. L’idea è capovolgere il bilancio energetico della società, facendo si che l’ammontare delle immissioni tagliate sia superiore a quello prodotto nell’anno fiscale 2010. Nel 2004 le emissioni che risultavano dalle attività dell’azienda giapponese erano equivalenti a circa 1,51 milioni di tonnellate di CO2. Una quantità che secondo i piani industriali di Sharp sarebbe destinata a crescere se lasciata senza un controllo. La nuova strategia aziendale è legata essenzialmente all’ammontare di energia elettrica da cellule fotovoltaiche fabbricate dagli stabilimenti Sharp dal 1983; nel corso degli ultimi 20 anni questa è stata stimata, al 2004, intorno ai 542 milioni di kWh, per una riduzione di emissioni di anidride carbonica di 240'000 t/a. La produzione di cellule si espanderà nei prossimi anni in maniera significativa anche in funzione dell’obiettivo di diventare un’azienda a impatto zero. Dal 2000 Sharp è l’azienda leader nel settore industriale del fotovoltaico con 323 MW prodotti nel 2004, pari al 27,1% del mercato mondiale.
Tratto da: FV fotovoltaici, maggio / giugno 2006, n° 3
La Commissione Europea ha lanciato una grande campagna di comunicazione rivolta ai cittadini del vecchio continente sul tema dei cambiamenti climatici. Non si tratta della solita informazione sui rischi dell’effetto serra, ma di una serie di indicazioni pratiche focalizzate sui piccoli comportamenti quotidiani che influiscono sull’emissione dei gas serra. “Sei tu che controlli i cambiamenti climatici”. Questo lo slogan lanciato il 5 giugno scorso, Giornata mondiale per l’ambiente, con l’affissione di una serie di manifesti in tutte le capitali europee.
Info: www.climatechange.eu.com
Tratto da: La Nuova ecologia Anno XXVI, n°7 (luglio-agosto 2006)
A causa del riscaldamento globale, tra il 2015 e il 2020 potrebbe sparire definitivamente il ghiacciaio sul Kilimangiaro. Gli studiosi della Ohio State University, hanno rilevato che tra il 1912 e il 2000 la superficie glaciale ha registrato una perdita di spessore dell’82%. Mentre dalle fotografie aeree è risultato che tra il 1962 e il 2000 c’è stata una perdita di spessore di circa 17 metri, circa mezzo metro all’anno. Durante l’ultima spedizione, effettuata nel 2002 da Lonnie Thomson, infine, ha verificato che una parete di ghiaccio alta 50 metri si è ritirata di 5 metri e ha perso circa 2 centimetri di spessore.
Fonte: “Modus vivendi”, Anno XVI, Numero 4 (aprile 2006)
Nonostante il prodotto interno lordo (PIL) sia aumentato del 12,5%, in termini reali, tra il 1990 e il 2002, le emissioni di gas serra prodotte dall’economia sono rimaste stabili. Questo è quanto risulta da uno studio commissionato dall’Ufficio federale di statistica (UFS) e dall’Ufficio federale dell’ambiente (UFA). Nel 2002, il settore economico e le economie domestiche hanno prodotto rispettivamente il 62% e il 38% delle emissioni totali dei gas a effetto serra della Svizzera. Queste sono praticamente stabili dal 1990. Nel settore economico l’intensità d’emissione per unità di valore aggiunto si è ridotta del 13% dal 1990 al 2002.
Fonte: “Energeia”, Rivista dell’UFE, n°1/ febbraio 2006
L’Australia deve prepararsi ad accogliere i profughi dell’effetto serra dalle nazioni-arcipelago del Pacifico, che rischiano di adffondare con l’innalzamento dei mari. È il punto chiave della strategia contro il riscaldamento globale annunciata dall’opposizione laburista. Intanto l’Ufficio di meteorologia ha confermato che il 2005 è stato l’anno più caldo mai registrato nel paese. Suscitando appelli perché il governo di Camberra, che con quello di Washington è l’unico fra i paesi sviluppati a non aver firmato il protocollo di Kyoto, intervenga per affrontare im utamenti climatici.
Fonte: “La nuova ecologia”, Anno XXVI, Numero 2 (febbraio 2006)
Vent’anni appena per invertire la rotta, altrimenti sarà il disastro. A lanciare l’allarme è un nutrito gruppo di scienziati inglesi, autori del volume Avoiding Dangerous Climate Change, pubblicato dalla Cambridge University Press con tanto di prefazione del primo ministro britannico Tony Blair, nel quali si dimostra il legame tra riscaldamento globale e attività umane. La novità: le nuove prove sono più preoccupanti di quelle raccolte in precedenza. Le temperature medie globali sono già cresciute negli ultimi anni, e un ulteriore aumento di 3 gradi metterebbe a rischio la vita di 400 milioni di persone, senza metterer nel conto gli effetti di quelle epidemie che potrebbero essere facilitate dai mutamenti climatici.
Fonte: “Modus vivendi”, Anno XVI, Numero 3 (marzo 2006)
I cambiamenti climatici modificano la capacità della flora di reagire alle condizioni ambientali più estreme. Questa è la conclusione dello studio condotto da un pool internazionale di scienziati e pubblicato sul sito Science Direct. Sono stati esaminati diversi ecosistemi, tre appartenenti a regioni cinesi caratterizzate dalla presenza di foreste, una semiarida del Sahel. Sono state osservate le reazioni delle specie sottoposte a cambiamenti artificiali del loro ambiente. La variabilità del clima, sostengono i ricercatori, incide sulla composizione della flora, ma anche il ritmo dell’avvicendarsi tra le varie manifestazioni climatiche influenza la capacità degli ecosistemi di reagire agli eventi catastrofici.
Fonte: “Modus vivendi”, Anno XVI, Numero 2 (febbraio 2006)
I programmi cantonali d’incoraggiamento nel campo dell’energia, che la Confederazione ha sostenuto nel 2004 per un ammontare di circa 14 milioni di Fr., hanno effetti positivi. Essi, infatti, sono uno dei fattori del risparmio energetico di 177 Gwh e di una riduzione d’emissioni di CO2 di 52'000 t. I programmi cantonali d’incoraggiamento hanno stimolato investimenti nel settore energetico per un ammontare di 170 milioni di Fr. Il loro impatto occupazionale è stato di 980 persone/anno.
Con la partecipazione dei Cantoni, i contributi d’incoraggiamento che sono stati versati nel 2004 ammontano a 39,1 milioni Fr.
Fonte: “Energeia”, Rivista dell’UFE, n°5/ novembre 2005
In Germania industria chimica, automobilistica e istituzioni fanno sistema contro l’effetto serra. La Shell Deutschland oil ha acquistato una quota della Choren industries di Friburgo per costruire un impianto per la trasformazione della biomassa in carburante. L’impianto produrrà, a partire dal 2006, circa 15 mila t/anno di carburante biosintetico sviluppato con DaimlerChrysler, Volkswagen e il ministero federale per l’Economia. In Germania i terreni marginali potrebbero fornire la materia prima per produrre circa 4 milioni di t/anno di carburanti Btl che possono essere impiegati sia come carburante puro sia miscelati al diesel fossile. Le emissioni evitate sono il 90% rispetto al carburante tradizionale.
Fonte: “La nuova ecologia”, Anno XXV, Numero 11 (dicembre 2005)
Lo rivela un rapporto del ministero dell’Ambiente, secondo cui fra aprile 2004 e marzo 2005 il paese ha emesso 1'329 miliardi di tonnellate di gas serra. Una quantità superiore del 7,4% ai livelli del ’90, che entro il 2008-2012 dovrebbe invece diminuire del 6%. La leggera riduzione rispetto all’anno precedente (0,8%) è da attribuirsi a un aumento nell’impiego di reattori nelle 54 centrali nucleari del paese.
Fonte: “La nuova ecologia”, Anno XXV, Numero 11 (dicembre 2005)
New York, New Jersey, Delaware, Connecticut, Maine, New Hampshire e Vermont lanciano la Regional Greenhouse Gas Initiative impegnandosi a ridurre le loro
emissioni di gas ad effetto serra. l'accordo prevede anche l'istituzione di un mercato regionale dei permessi di emissione.
L'iniziativa era stata lanciata un paio di anni fa da George Pataki, governatore repubblicano dello Stato di New York.
Nel contesto del progetto “Klima Boden Bern”, i proprietari di terreni sono vivamente incoraggiati a piantare degli alberi per combattere l’effetto serra.
Visto che lo spazio in città è poco, si guarda anche all’Africa: gli alberi che non trovano dimora in Svizzera cresceranno in Burkina Faso. Laggiù, nella zona del Sahel, l’associazione svizzera New Tree sta ottenendo dei successi importanti nel rinnovamento delle foreste. La giuria del concorso dell’Agenda 21 locale ha perciò deciso di assegnargli un premio.
Per il suo impegno contro il riscaldamento climatico, la città di Winterthur ha ricevuto il “Climate Star” grazie al progetto denominato “Programma d’efficienza energetica delle PMI”. Il riconoscimento è attribuito dall’”Alleanza per il clima”, rete europea che ragruppa più di 1200 città e comuni. Il progetto premiato è stato avviato nel luglio 2004 e ha il compito di aiutare le PMI a economizzare l’energia.
Tratto da energia (Bollettino dell’Ufficio federale dell’energia) n°2, maggio 2005
Dopo venti anni di politiche di protezione dello strato d’ozono attraverso la promozione di una nuova generazione di prodotti chimici, ecco un nuovo problema per l’atmosfera: i sostituti dei clorofluorocarburi, che non distruggono l’ozono ma sono dei gas serra che contribuiscono al riscaldamento globale. Per valutare il problema e proporre delle soluzioni il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatic delle Nazioni Unite ha recentemente pubblicato un rapporto, Safeguarding the ozone layer and global climate system. Nello studio si dimostra che, nonostante la distruzione dello strato d’ozono e i cambiamenti climatici siano due problemi ambientali distinti, alcuni prodotti chimici li mettono iin relazione e, quindi, è necessario un monitoraggio continuo e una ricerca costante su come migliorare l’uso di queste sostanze utili per la protezione dell’ozono.
L’effetto serra sta sciogliendo il Polo Nord ed entro il 2070 la calotta glaciale potrebbe sparire, mettendo a rischio la sopravvivenza di orsi polari, foche e popolazione indigene come gli Inuit. È quanto emerge da uno studio commissionato a un team di oltre 250 scienziati del forum intergovernativo delle otto nazioni che hanno territori nella regione. Il rapporto, il più approfondito condotto in materia, lancia l’allarme: lo scioglimento dei ghiacci causerà l’innalzamento del livello del mare di un metro, sommergendo molte regioni costiere. Metterà inoltre a rischio la corrente del Golfo, facendo precipitare le temperature in Europa settentrionale.
La Russia si è guadagnata l'applauso dell'Unione europea e degli ecologisti di tutto il mondo: venerdì i deputati della Duma hanno ratificato con maggioranza schiacciante (334 sì, 73 no) il protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas serra e ne hanno resa così possibile l'entrata in vigore su scala planetaria. Il parlamento russo ha compiuto il cruciale passo su richiesta del presidente Putin, che a lungo ha temporeggiato nel timore che la limitazione delle emissioni industriali più nocive per l'atmosfera abbia un impatto negativo sulla crescita economica del paese. Ma dopo forti pressioni da parte di Bruxelles, che in cambio gli avrebbe promesso l'ingresso nel Wto, lo “zar” ha deciso di andare senza più indugi alla ratifica di Kyoto. È arrivato alla conclusione che questo passo comporta «più benefici che rischi».
La benedizione di Mosca era fondamentale perché l'accordo sottoscritto nel 1997 nella città giapponese e già avallato da 126 Stati può entrare legalmente in vigore soltanto se ratificato dai paesi che nel 1990 erano complessivamente all'origine di almeno il 55% delle emissioni responsabili dell'effetto serra. Con la ratifica della Duma, la quota totale degli Stati aderenti (tra i quali non figura quello di gran lunga più inquinatore, gli Usa) supera abbondantemente il tetto minimo: da 44,2 si è passati a 61,8%. Non ci sono quindi più scuse: entro il 2008 i paesi industrializzati dovranno ridurre le emissioni di biossido di carbonio del 5,2% rispetto ai livelli 1990 e procedere a ulteriori limitazione nel periodo dal 2008 al 2012.
Abitat fa parte della Alleanza Territorio e Biodiversità
Documentazione
Consulta la documentazione di Abitat, con le relazioni presentate alle nostre conferenze, il materiale del progetto PAS sugli Acquisti Pubblici Sostenibili e molto altro ancora.
I Filmati
ABITAT vi propone una sezione dedicata ai filmati. Vi troverete una lista di video su temi attinenti allo sviluppo sostenibile.