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Sostenibilità

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Sostenibilità
Nella nuova Costituzione federale entrata in vigore il 1 gennaio 2000, concepita, senza ambizione di riforma materiale, essenzialmente come aggiornamento formale, è stata inserita, quasi in sordina, una nuova disposizione sullo sviluppo sostenibile, l’articolo 73, secondo cui “la Confederazione e i Cantoni operano a favore di un rapporto durevolmente equilibrato tra la natura, la sua capacità di rinnovamento e la sua utilizzazione da parte dell’uomo”¹.

La nozione di sviluppo sostenibile ha attirato notevole attenzione nel dibattito culturale e politico, tanto a livello globale che, seppur in misura inferiore, a livello locale. Poca attenzione è invece stata dedicata al significato giuridico di tale principio. Una simile lacuna non può certo essere colmata in questa sede, ci si limiterà a proporre alcuni spunti sui contenuti e sulla portata del principio dello sviluppo sostenibile nel diritto svizzero. Si tratta, quindi, di affrontare due domande. Lo sviluppo sostenibile è solo una parola alla moda annacquata, che vuol dire tutto e niente, o ha invece un suo contenuto identificabile? È solo un ideale, o anche un principio vincolante? Veniamo al primo interrogativo.

La Costituzione non contiene una definizione dello sviluppo sostenibile; sono determinanti, da un profilo materiale, i contenuti che risultano dal diritto internazionale². Il punto di partenza è quindi la Dichiarazione di Rio del 1992. L’articolo 3 della Carta prevede che “il diritto allo sviluppo deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esigenze relative all’ambiente e allo sviluppo delle generazioni presenti e future”.

Secondo l’articolo 4, “la tutela dell’ambiente costituirà parte integrante del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questa”. Emergono,dagli articoli citati, le due dimensioni costitutive dello sviluppo sostenibile:che chiameremo la dimensione integratrice, rispettivamente, intergenerazionale. Secondo la prima dimensione, la prosperità economica non può essere perseguita a prescindere dalla necessità di preservare gli ecosistemi naturali. Il Consiglio federale sostiene in proposito che lo sviluppo sostenibile non costituisce una nuova politica settoriale ma rappresenta, invece, “un principio regolativo” finalizzato alla ricerca di un punto di equilibrio tra le esigenze dell’economia, della società e dell’ambiente³. Secondo la dimensione intergenerazionale, che aveva impregnato il Rapporto Brundtland del 1987, tale equilibrio deve essere perseguito sul lungo periodo.

Lo sviluppo sostenibile presuppone quindi un cambiamento di prospettiva: ad un approccio politico ed economico fondato sui tempi corti di una legislatura o di obiettivi annuali di bilancio deve sostituirsi una visione a lungo respiro.Da un profilo materiale, lo sviluppo sostenibile non costituisce quindi un nuovo campo di politica economica o ambientale, ma piuttosto un nuovo metodo per affrontare le sfide contemporanee, caratterizzato appunto da una dimensione integrativa e da una dimensione intergenerazionale.

Attorno al nucleo primario dello sviluppo sostenibile, ritroviamo, come sua parte integrante, alcuni capisaldi del diritto, svizzero ed internazionale, sulla tutela dell’ambiente, quali ad esempio il principio precauzionale ed il principio di causalità. Secondo il principio precauzionale, sancito dall’art. 15 della Carta, in caso di rischio irreversibile, l’assenza di una certezza scientifica non può servire da pretesto per ritardare l’adozione delle misure adeguate a tutela di tale rischio.

Secondo il principio della causalità, previsto dall’art. 16 della Carta, da un lato l’impatto ambientale deve essere considerato nel calcolo dei costi / benefici di un determinato progetto, deve, quindi, essere “internalizzato”, d’altra parte, il relativo costo ambientale è a carico dell’inquinatore secondo la formula chi inquina, paga.Proprio la sua natura indeterminata, quale “principio regolativo” piuttosto che quale norma dai contenuti esatti e dai profili applicativi facilmente prevedibili (quali ad esempio quelli di una disposizione del seguente tenore: “è vietato l’uso di tale sostanza inquinante; ogni contravvenzione sarà punita con una multa fino a CHF 50'000”), potrebbe indurre a ritenere lo sviluppo sostenibile non vincolante. Si tratterebbe, secondo la percezione più comune, tutt’al più dell’espressione di una sensibilità politica. Del resto, la stessa Carta di Rio non costituisce, nella sua qualità di risoluzione della Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU, una fonte giuridicamente vincolante ma piuttosto un impegno di natura politica4.

L’inserimento dello sviluppo sostenibile nella Costituzione federale, tuttavia, gli conferisce necessariamente un effetto vincolante5. La Costituzione, infatti, non è solo una carta politica, ma costituisce la fonte giuridica più importante in un sistemo basato sulla gerarchia delle norme. Come si esplica concretamente tale carattere vincolante? In altri termini, in che modo gli enti pubblici, Confederazione, Cantoni e Comuni, sono tenuti a conformarsi all’articolo 74 della Costituzione?Possono essere distinti due effetti, uno positivo, l’altro negativo. Secondo il primo effetto, l’azione degli enti pubblici deve essere guidata, a 360 gradi, dal principio dello sviluppo sostenibile.
Si tratta di un criterio per la definizione ed il monitoraggio delle diverse politiche pubbliche, ad esempio in ambito pianificatorio, dei trasporti, energetico, degli acquisiti pubblici, delle relazioni internazionali.

A livello federale, il Consiglio federale ha elaborato la “Strategia per uno sviluppo sostenibile 2002” ed un comitato interdipartimentale è stato incaricato di seguirne l’attuazione. Sul piano cantonale, in Ticino, è stato istituito il “Gruppo cantonale sullo sviluppo sostenibile”, incaricato di elaborare un programma di lavoro finalizzato al perseguimento degli obbiettivi di sostenibilità e di monitorarne l’implementazione. Da un profilo istituzionale, la concretizzazione dello sviluppo sostenibile è in generale contrassegnata da un’accentuata trasversalità tra le diverse unità amministrative (dipartimenti, dicasteri, divisioni, sezioni, ecc.), da una diffusa partecipazione della società civile, e dal dinamismo, più che delle istanze politiche, legislative o esecutive, di “un’amministrazione militante”, forte di un solido bagaglio, non solo tecnico ma anche ideale.Lo sviluppo sostenibile non interviene solo quale finalità dell’azione pubblica, ma anche quale criterio costituzionale per determinarne la legittimità. Si tratta del suo effetto negativo.

Destinatarie sono in primo luogo le istanze giudiziarie, chiamate ad annullare gli atti generali (ad esempio: progetti legislativi, piani regolatori, bandi di appalto pubblico) o individuali (ad esempio: decisioni amministrative, licenze edilizie) contrari allo sviluppo sostenibile. Il fatto che tale principio abbia un contenuto indeterminato non significa che non sia azionabile in un procedimento giudiziario. Un principio indeterminato quale quello della proporzionalità riveste infatti un ruolo cruciale nella giurisprudenza costituzionale ed amministrativa. Vedremo se e come lo sviluppo sostenibile verrà recepito dai nostri giudici.

Note:
1. In generale sulla nuova costituzione vedi Messaggio del Consiglio federale del 20 novembre 1996 concernente la revisione della Costituzione federale; sull’articolo 73 CF vedi Gutachten des Bundesamtes für Justiz vom 29. Juni 2000, tale parere dell’Ufficio federale di giustizia è reperibile solo in lingua tedesca.

2. Vedi Gutachten, p. 4.

3. Vedi Consiglio federale, Strategia per uno sviluppo sostenibile 2002, marzo 2002, p. 11.

4. Secondo alcuni autori, i principi sanciti nella Carta di Rio apparterrebbero in ogni caso oggi al diritto internazionale pubblico consuetudinario (vedi, con ulteriori riferimenti, Vallender/Morell, St. Galler Kommentar BV, 2002, n. 5 ad art. 73 CF).

5. Sulla natura vincolante del principio di sviluppo sostenibile vedi, con ulteriori riferimenti, Vallender/Morell, op. cit., n. 26-29 ad art. 73 CF.


Articolo a cura di Giovanni Molo
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